Prefazione a “Lo Sturangoscia” di D. Predosin e C. Sperduti
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Gentilissimo mentecatto,
le scrivo innanzitutto per rinnovarle il disprezzo che nutriamo nei suoi confronti. Destinato a una fulgida carriera, lei si ostina a gozzovigliare come se non dovesse prima o poi, come tutti, rendere conto al Creatore. […]
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Non molto gentile e non molto autorevole sconosciuto amico di un autorevole “ora deceduto” amico […]
Io ci sputo sulla sua morale, degenerato manigoldo. Studio e mi dimeno ogni giorno per far qualcosa di decente e dignitoso in questo mio breve passaggio sulla Terra, e non accetto e non accetterò mai minacce da parte sua. […]
Nonostante tutto, cordiali saluti.
Di tutte le maniere per descrivere un libro a chi non l’ha letto, la più impiegata è quella dei padri nobili, che può sintetizzarsi nella frase: non è Anna Karenina, ma gli somiglia. Appunto da questo approccio scaturiscono le curiose creature che usualmente popolano le prefazioni: il Tristram Shandy ciociaro, il Silmarillon del videopoker, l’ucronia gay che Knut Hamsun avrebbe voluto scrivere, eccetera. Mi piacerebbe evocarne una anche su queste pagine, ma per Lo Sturangoscia dovrò rinunciarci. Lo Sturangoscia non ha ascendenti o consanguinei letterari identificabili, e neppure una connotazione geografica o storica significativa. Potrebbe essere stato scritto quasi in ogni luogo e in ogni tempo. Insomma è un libro che non viene facilmente associato a nulla, salvo forse a una riuscita sbronza tra demoni di buon umore.
Passando ai “fatti”, ma quanto detto sopra è già un fatto notevole, mi pare, Lo Sturangoscia è un romanzo epistolare che racconta dell’invenzione destinata a estirpare quello spiacevole e indefinito senso di disagio che spesso spinge le persone, tra le altre cose, a occuparsi di questioni ultime. Si tratta di un carteggio tra personaggi di fantasia, che però è un vero carteggio, perché gli autori si sono inviati le lettere che ne costituiscono il testo senza prendere alcun accordo sul loro contenuto, ciascuno cercando a ogni risposta di sorprendere, divertire e anche, essendo persone che tutto sommato indulgono al Male, di superare e stuzzicare l’altro. Queste imboscate reciproche compongono un romanzo sfavillante, dove si succedono con naturalezza continue invenzioni, come il Club del travestimento zoomorfo, la Casella Postale Inospitale, l’autolavaggio “Dignitose Autovetture”, i meteorologi affamati e regrediti a una sorta di abominevole stato ferino, il cromoinvestigatore che rileva un interessantissimo indaco passito e, imbaldanzito da tali confortanti parametri e auspici, va a mangiare cinghiale in trattoria, l’Esimio Editore dalle famigerate 3 P, pragmatico, pugnace e pignolo, e infinite altre, raccontate con una lingua incantevole, esatta ma fantastica, che seduce e schernisce, e che credo suonerebbe familiare a Mefistofele.
Chi legge molto, come con ogni probabilità tu, lettore indipendente di questa prefazione indipendente di un’edizione indipendente, sa quanto sia raro un libro davvero diverso dagli altri, e come i tentativi di scrivere qualcosa di nuovo siano spesso così forzati e dolorosi che solo la fantasia di lavorare per il bene della Letteratura ci dà la forza di girare le pagine. Lo Sturangoscia invece, direi, se si consentono simili metafore a un mero prefatore, sorvola la frontiera del consueto con la grazia di un aliante, offrendo al lettore un’esperienza di irrinunciabile immenso spasso. Quindi, ti auguro fiducioso buon divertimento.
Alessandro Sesto